Il Museo Nori de’ Nobili ospita al suo interno un’ampia selezione delle opere della pittrice. Il museo è composto da cinque stanze ognuna delle quali rappresentante un periodo specifico della vita di Nori. La prima sala contiene le opere giovanili in cui sono evidenti i riferimenti agli affetti familiari, come un quadro che in cui è ritratto il fratello e sullo sfondo si vede la Villa Castracane di Brugnetto, tanto cara a Nori e alla a sua famiglia. Questo primo periodo rappresenta anche quello in cui Nori sta ancora cercando la propria voce poetica, un periodo in cui sperimenta tecniche e supporti, passando dai ritratti ai paesaggi con una vivezza di colori ed immagini che segneranno tutto il suo percorso artistico. Nella seconda sono presenti le opere dei primi anni della maturità, quegli anni trascorsi da Nori a Firenze a contatto con un clima artistico ed intellettuale a lei molto confacente. In questo periodo i soggetti dei suoi quadri cambiano e Nori oltre a continuare a dipingere i paesaggi di Firenze e della Toscana inizia a dipingere anche le scene di vita quotidiana prese per lo più nei bar e nei luoghi di ritrovo. La terza sala ospita al suo interno i dipinti risalenti al periodo durante il quale la pittrice aveva lasciato Firenze con la sua famiglia e da subito ne aveva risentito, da qui un trasferimento e ricovero presso una casa di cura di Bologna. Da questo momento la vita della pittrice resta indissolubilmente legata alle case di cura e agli ospedali psichiatrici, dove essa trascorrerà tutto il resto della sua vita continuando a dipingere giorno dopo giorno. Le restanti due sale ospitano quadri che rappresentano sia autoritratti che scene in cui la pittrice si ritrae con personaggi particolari, come clowns e musicisti. Ogni opera è la manifestazione particolare e precisa di uno stato d’animo, una sorta di diario visuale che scandaglia l’inconscio di Nori e ci accompagna lungo un percorso vorticoso e tormentato per concludersi con due piccole tele di significato inequivocabile. Infatti anche se la pittrice trascorse gran parte della vita tra case di cura e manicomi continuò a dipingere per lo più autoritratti o ritratti in cui il contesto era sempre altro rispetto all’ambiente ospedalizzato delle case di cura. Significativi appunto gli ultimi due dipinti dell’ultima sala che ritraggono alcune figure evanescenti in un ambiente simile a quello che potevano essere i sanatori dell’epoca. In questi dipinti si intravede una figura di donna martirizzata, piegata su se stessa dalle sue stesse sofferenze e debolezze. Un ultimo dipinto, il più piccolo presente nella collezione, è un quadro che è stato ribattezzato “L’anima di Nori che sale in cielo”. Un dipinto in cui un’esile figura dipinta di rosso sangue si assottiglia ancora di più per toccare e raggiungere il cielo come una figura che provi con tutte le sue forze a toccare qualcosa di lontano e irraggiungibile, metafora della condizione della pittrice che per tutta la sua vita, nonostante le sue condizioni psichiche, continuò a dipingere come strenuo gesto e tentativo folle di raggiungere qualcosa che era lontano, aldilà delle sue stesse capacità, che è il significato stesso dell’arte.